Anna Kuliscioff, protagonista del socialismo e del femminismo italiano, nata nel 1854 a Moskaja in una ricca famiglia di commercianti ebrei, fu incoraggiata a coltivare i suoi studi con insegnanti privati e si interessò molto presto alla politica. Nel 1871 si trasferì a Zurigo, poiché in Russia era vietato alle donne l’accesso all’università. Nel 1873 fu ordinato agli studenti russi di lasciare l’Università di Zurigo, altrimenti non sarebbero stati ammessi all’esame finale in Russia. Questa fu una provocazione per le donne, accusate di andare all’estero non per motivi di studio ma per svago sessuale. In Svizzera conobbe il suo futuro marito Andrea Costa, con il quale si trasferì a Parigi per collaborare con l’Internazionale di Kropotkin. Sono gli anni della più dura repressione, che li vede entrambi vittime di continui arresti e processi sommari. Nel 1888, in Italia, la Kuliscioff continuò a studiare specializzandosi in ginecologia, prima a Torino, poi a Padova. La sua tesi di laurea riguardava le cause della febbre puerperale: ne scoprì per prima l’origine batterica e aprì la strada alla scoperta che avrebbe salvato milioni di donne dalla morte dopo il parto. Si trasferì quindi a Milano, dove iniziò a praticare medicina, recandosi nei quartieri più poveri della città. Fu chiamata “il medico dei poveri”. Non fu mai riconosciuta come medico e ciò fu dovuto principalmente alla sua posizione sociale e politica. A Milano entrò in contatto con le principali esponenti del femminismo milanese che nel 1882 avevano costituito la Lega per gli interessi femminili. Da qui in poi, l’impegno di Anna Kuliscioff per la questione femminile si fa sempre più chiaro e pressante, fino a culminare nell’intervento al Circolo Filologico di Milano dell’aprile 1890: Il monopolio dell’uomo. L’aspetto innovativo dell’intervento di Anna Kuliscioff risiede però nel modo in cui concepisce l’uguaglianza tra i sessi: “Non è una condanna a tutti i costi dell’altro sesso quella che le donne reclamano; al contrario, esse aspirano a ottenere la collaborazione cosciente e attiva degli uomini migliori, di coloro che, essendosi emancipati, almeno in parte, dai sentimenti basati sulla consuetudine, sul pregiudizio e soprattutto sull’egoismo maschile, sono disposti a riconoscere che la donna ha il diritto di occupare un posto degno nella società”.